Sei a casa. 24 meditazioni sul corpo , Bur, 162 pagine, 12 euro, è il nuovo libro di Barbara Pozzo, terapista della riabilitazione specializzata in medicina manuale che da quasi trent’anni si dedica allo studio delle correlazioni tra corpo e anima. Nel 2011 ha fondato il sito Somebliss, dal quale intrattiene con i suoi lettori un dialogo quotidiano sui temi del benessere fisico e mentale e del raggiungimento dell’armonia interiore. Per Bur ha pubblicato lo scorso anno “La vita che sei. 24 meditazioni sulla gioia” che ha venduto oltre 15 mila copie. Barbara Pozzo è la moglie di Luciano Ligabue. Questa intervista è stata pubblicata sul quotidiano La Città.

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Barbara Pozzo. Foto di Jarno Iotti_12M Copertina Sei a casa

Lei scrive “Nel corpo risiede una saggezza istintiva e profonda, che ha una peculiarità meravigliosa e indiscutibile: non mente mai”. E infatti il suo libro si apre con un capitolo dal titolo “La mente non mente”, che non è solo un simpatico gioco di parole.

E’  la verità, anche se l’intento non è quello di colpevolizzare la mente, la mente ci confonde spesso con la sua iperattività. La mente mente nel senso che non è la totalità della realtà, è solo una parte, quella parte ci è utile per tante cose, è vitale ma non può essere la cartina di tornasole di una condizione profonda. Il corpo, invece, è meraviglioso, perché pur essendo un tutt’uno con la mente, ha una sua verità inconfutabile. E’ una cosa che mi ha sempre affascinato tantissimo nel mio lavoro di terapista della riabilitazione. Quando vogliamo verificare davvero come stiamo, cosa sta succedendo, dobbiamo analizzare il corpo che non mente mai, è uno specchio preciso, una fotografia di come stiamo sia a livello fisico che più sottile, mentale.

Perché non lo ascoltiamo il corpo?
Perché ne abbiamo perso completamente la capacità. Tendiamo a trasformarlo semplicemente in una macchina che serve per muoverci, per fare, per farci belli, in realtà il corpo umano ci è stato dato per avere anche una guida materiale. E’ la materializzazione della nostra anima. Se la nostra anima potesse prendere una forma avrebbe la forma del nostro corpo. Ci dimentichiamo del nostro corpo perché siamo proiettati all’esterno con la nostra forma mentale, abbiamo disimparato che ritornare presenti a noi stessi vuol dire saper ascoltare il nostro corpo. Abbiamo dimenticato come capire che se abbiamo sempre il raffreddore o il mal di stomaco quelli sono messaggi molto chiari che ci vengono mandati e che cerchiamo di zittire con un farmaco, con qualcosa che il più in fretta possibile ci tolga il dolore e ci renda efficienti.

Se nel precedente volume si è dedicata a fornire 24 meditazioni sulla gioia questa volta si concentra sul corpo. Tutti pensano di conoscerlo alla perfezione, ma non è così. Lei scrive, per esempio: “Niente di ciò che vivi scivola via senza lasciare traccia”.

Tutto quello che viviamo, ma veramente tutto, ci trapassa, anche quando vogliamo renderci impermeabili all’esterno, ci costruiamo delle corazze, erigiamo barriere, in realtà non ci riusciamo mai del tutto. Tutto quello che viene in contatto con noi, una relazione, un evento, un paesaggio, qualcosa di fisico, ci trapassa nel profondo e il nostro corpo lo cattura, come lo cattura la nostra anima, e lo trascrive nella sua memoria. Ogni cosa che viviamo viene scritta nei nostri tessuti profondi, nelle nostre cellule, nei nostri ricordi, circola nel nostro sangue. Noi non ne siamo consapevoli ma è necessaria la consapevolezza che questo accade. E allora è necessario andare a leggere questi messaggi.

“Fallire, la paura di fallire non ci permette di vivere con tutto il cuore”. Come si fa a superare la paura di fallire?

E’ uno scoglio abbastanza difficile, ci vuole una perseveranza nel liberarci da questa paura, perché siamo legati alle aspettative e ai risultati di ciò che facciamo, ed è giusto nell’ottica di fare sempre del nostro meglio. Però c’è differenza tra voler fare del proprio meglio e avere in mente che dobbiamo raggiungere per forza un determinato risultato, per dire che ce l’abbiamo fatta o altrimenti siamo dei falliti. Sono delle modalità di visione di se stessi e del mondo che andrebbero cambiate. Se ragioniamo in termini di aspettativa non le raggiungeremo mai o molto raramente. Ricordarsi che darsi anima e corpo alla vita sarebbe già aver raggiunto il proprio risultato andrebbe fatto come una pratica quotidiana. Vivere con tutto il cuore, è questo il risultato! Il fallimento fa parte della vita come l’inciampare e il rialzarsi.

Lei consiglia di “Diventare morbidi”. Il che non vuol dire certo essere vulnerabili.

No, affatto, anche se per me la vulnerabilità non è un termine negativo, perché in realtà è la nostra forza interiore. Diventare morbidi non vuol dire essere molli, passivi. Vuol dire smussare gli angoli, che per primi feriscono noi, e aprire, lasciare spazio ai tessuti profondi, dell’anima. Io la chiamo morbidezza, per altri potrebbe essere apertura. Parlo di morbidezza perché è una caratteristica che ho riscontrato fisicamente nel corpo dei pazienti: quando un tessuto comincia a respirare, a non avere paura, cambia completamente, è morbido ma è fortissimo. Anche quando viene colpito accoglie il colpo più facilmente. Ma bisogna ammorbidirsi soprattutto nei confronti di noi stessi.

Dal capitolo Pilastri: “La tua pancia può dirti quasi tutto di te”.

Recentemente anche le neuroscienze la hanno definita il secondo cervello. La pancia, in primis, traduce le nostre emozioni. Nella pancia viene trasformato tutto quello che ingeriamo, ma non soltanto il cibo anche parole, emozioni, ciò che vediamo, sentimenti. E quello che ci fa male ci intossica, esattamente come quando ingeriamo un cibo guasto. Tantissime coliti croniche hanno una origine psicologica profonda, ed è lì che bisogna andare a lavorare per avere un risultato. La pancia è proprio il pilastro, insieme alla schiena, sono le due strutture portanti.

Infine, l’ultimo capitolo: Dentro. “Per trovare la pace interiore devi trovare il tuo ritmo”. E in fatto di ritmo in casa ne sapete un bel po’ e tra l’altro lei conclude con sei righe che potrebbero essere un testo di suo marito, anzi forse è il caso di suggerirgli di trasformarlo in una canzone: “Quel ritmo, proprio quello / Cosa ti dice / Cosa ne dici tu / Cosa porti tu con quel ritmo / Cosa ti porta / La porta che si apre”.

(ride) E’ quel ritmo interiore che andrebbe scoperto in ognuno di noi. Abbiamo tutti dei nostri ritmi. Indubbiamente abbiamo dei ritmi che ci vengono imposti dall’esterno. Però essere trascinati dai ritmi esteriori ci fa perdere di vista il nostro ritmo interiore. Invece andrebbe sempre recuperato, perché il saperlo ritrovare ci riporta in quella dimensione che io chiamo la sorgente. Una sorgente di energia, un bacino di risorse interiori che ci rigenera. Il ritmo interiore fa sempre parte del “pacchetto” della conoscenza di te, dell’ascolto di te, sia a livello fisico che più sottile. Quando entri in contatto con il tuo corpo ti riposizioni al ritmo del respiro e al ritmo del battito del cuore. Se noi riusciamo a trovare il nostro ritmo ci riposizioniamo al nostro centro, siamo presenti a noi stessi, ci ricordiamo di esistere, ci diciamo “Io ci sono”, a prescindere da ciò che accade fuori, torniamo al nostro ritmo interiore. E improvvisamente le cose cambiano dimensione e sono più giuste per noi.

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