Berardinucci eroe dimenticato e sminuito. Marco Patricelli racconta la storia straordinaria di questo figlio d’Abruzzo e della sua banda nel suo ultimo libro Il partigiano americano (QUI il link) pubblicato da Ianieri editore.
Perché dimenticato e perché sminuito, insieme ai suoi sodali? Semplicemente perché è quello che è accaduto, come sottolinea l’autore il suo è stato:
Un nome dimenticato per oltre 60 anni. Una lapide apposta nel 1947 sulla facciata del Comune di Pescara per ricordare il tributo di sangue della Resistenza, semplicemente non ne faceva cenno alcuno.
E perché sminuito? Di nuovo l’autore lo sottolinea:
In un’altra lapide fatta affiggere nel 2012 vicino all’ingresso di Palazzo di Città, dove si ricordano le quattro medaglie d’oro al valor militare pescaresi a partire ovviamente da Gabriele D’Annunzio, Di Federico non c’era.
La vicenda di Renato Berardinucci e dei suoi compagni di sventura (Vermondo Di Federico, Giuseppe Padovano, Umberto Collepalumbo) è, invece, meravigliosamente tragica, con un epilogo da melodramma accaduto nel 1957, con il papà tornato dall’America appositamente per vendicarsi e a un passo dal rendere occhio per occhio e dente per dente al vile che per poche migliaia di lire e cinque chili di sale vendette quattro ragazzi alla furia nazista.
Due di loro, Berardinucci e Di Federico resteranno uccisi in una esecuzione dopo un processo sommario dei tedeschi occupatori, gli altri due si salveranno grazie al loro sacrificio mentre la mamma di Berardinucci dovette assistere alla mattanza, massacrata di botte e lasciata viva solo perché, forse, ritenuta anch’ella morta.
Berardinucci eroe dimenticato e sminuito
Ma chi era Renato Berardinucci? E perché finì la sua vita in Abruzzo a soli 23 anni? Vincenzo e Antonietta sono due abruzzesi che, come migliaia di corregionali, lasciano l’Italia per cercare fortuna in America (negli Stati Uniti d’America) nel 1920. Hanno già due figli e l’anno successivo nasce Renato, il primo americano.
Nel 1939, però, su insistenza della mamma, Renato torna in Abruzzo. Si stabilirà a Pescara dove frequenterà il liceo classico D’Annunzio.
Qui incontro un ragazzo, Hans, ebreo viennese che gli apre gli occhi. I bombardamenti del 1943 e la farsa della fuga dei reali e la conseguente occupazione degli ex alleati tedeschi lo spingono a scegliere la Resistenza.
Crea una banda partigiana formata da giovani come lui. Con l’arrivo degli Alleati (gli angloamericani) decide di compiere una missione.
L’ultima impresa, fatale
Con l’arrivo dei polacchi e ad Abruzzo ormai liberato, Renato ha un’ultima impresa da compiere. La madre, in preda a un presentimento, cerca in ogni modo di dissuaderlo.
Sarà tradito, consegnato ai tedeschi e condannato a morte da un tribunale militare, nel 1944 a soli 23 anni. È davanti ai fucili puntati che diventa un eroe, perché si getta contro i soldati del plotone d’esecuzione per cercare di salvare gli unici tre compagni che sono rimasti con lui, e muore davanti agli occhi della madre impazzita per il dolore.
Leggi QUI il comunicato di presentazione
Marco Patricelli (Pescara 1963) ha scritto saggi storici per Mondadori, UTET, Laterza, Hobby & Work e Ianieri; in Polonia per Wydawnictwo Literackie, Bellona, Arte, Wydawnictwa Uniwersytetu Warszawskiego; in Francia per JC Lattès e in Repubblica Ceca per Grada.
Nel 2010, con la prima biografia del capitano Witold Pilecki, Il volontario, ha vinto l’edizione XLIII del prestigioso Premio Acqui Storia.
Patricelli svolge intensa attività convegnistica in Italia e all’estero. Ha curato diverse consulenze storiche per le maggiori reti televisive e radiofoniche nazionali ed è stato invitato a dare contributi alla realizzazione di documentari in Germania e Polonia.
Per un decennio ha insegnato Storia dell’Europa contemporanea all’università D’Annunzio di Chieti Pescara
La Repubblica di Polonia lo ha insignito del titolo di Bene Merito, della Croce di Ufficiale al merito. Mentre la Repubblica italiana lo ha insignito del del cavalierato dell’Ordine al merito. È laureato in Giurisprudenza ed è diplomato al Conservatorio. Alla figura di Pilecki ha dedicato nel 2019 una Suite in 8 quadri per grande orchestra sinfonica. Vive tra Praga e Pescara.