Il sorriso ai tempi del Covid-19 è il nuovo libro di Luca Maggitti, con le foto di Mimmo e Andrea Cusano.

Nel volume, la cui vendita contribuisce a una nobile causa: aiutare il Banco di solidarietà Santina Ruggieri di Roseto, ci sono i testi di Sandro Galantini, Simone Gambacorta, e un mio intervento su Pandemia e mass media dal titolo: Quel virus “democratico” che sembrava non dover far notizia da noi.

Qui il video per la prima donazione di 500 euro

Un aiuto al Banco di solidarietà

Chi volesse acquistarne una copia può farlo o contattando direttamente Luca Maggitti all’indirizzo mail luca@roseto.com o tramite social media QUI.

Il libro, inoltre, è in vendita alla libreria La Cura di via Latini a Roseto degli Abruzzi, telefono 085 894 2943.

Per gentile concessione dell’autore del volume, pubblico un breve stralcio del mio testo:

Il sorriso ai tempi del Covid-19

Una legge non scritta del giornalismo indica nella prossimità uno dei capisaldi della valutazione di una notizia. Se, per esempio, un fatto accade in Cina ha un impatto infinitamente minore sul lettore rispetto a un altro simile accaduto nella stessa città o regione in cui vive.

Il sorriso ai tempi del Covid-19, nella foto la copertina del libro
La copertina del libro

Una scena del film “The paper” (in italiano “Cronisti d’assalto”), diretto nel 1994 da Ron Howard, mostra la riunione di redazione mattutina di un quotidiano in cui la responsabile delle pagine degli Esteri, per ogni notizia che merita di essere pubblicata sul giornale dell’indomani aggiunge: «Non sono coinvolti cittadini di New York». Un modo per sottolinearne lo scarso interesse per il proprio pubblico.

Notizie lontane e vicine

Questa pellicola, che andrebbe studiata obbligatoriamente nelle innumerevoli scuole di giornalismo, spiega, anche con un sorriso, cosa accade ogni giorno nelle testate di tutto il mondo.

Se mai ci fosse stato bisogno di una dimostrazione di questa legge, l’anno 2020 ne ha dato un esempio drammaticamente convincente.

Il sorriso ai tempi del Covid-19, nella foto Paolo Di Vincenzo

Il Covid-19 si sarebbe diffuso velocemente nell’immensa Repubblica popolare fondata da Mao Tze Tung in occasione del capodanno cinese, che si protrae nei primi quindici giorni dell’anno. Per combinazione il virus è stato segnalato in una provincia, Hubei, che ha 60 milioni di abitanti, esattamente come l’Italia. Una funesta coincidenza.

La capitale, Wuhan, è diventata immediatamente e tristemente famosa per essere stata la prima città a essere “sigillata”, circa 11 milioni di persone a cui per settimane sono state drasticamente ridotte le possibilità di movimento. Guardavamo le immagini provenienti dall’altra parte del mondo come un film, horror.

Il canto dei cittadini di Wuhan

Le strade deserte, le canzoni intonate dai cittadini e diffuse dai propri balconi, i militari a garantire il ferreo rispetto delle regole, i cinesi con le mascherine, i supermercati con le merci razionate. Un incubo distante e raggelante.

Nessuno poteva prevedere che sarebbe accaduto, di lì a poco, anche in Italia.

Fino al mese di febbraio nel nostro Paese il problema è stato allegramente sottovalutato da tutti: dagli amministratori della cosa pubblica, dalle alte sfere istituzionali fino al più sperduto paesino, ai cittadini senza poteri decisionali.

Sulla base di esperienze simili e ripetute negli anni, si è immaginato che pure questo Covid-19 – come le varie influenze di origine animale (suina e avicola) e altri tipi di Sars fino a Ebola – fosse un affare lontano, remoto nel tempo e nello spazio, dovuto essenzialmente a condizioni igieniche impensabili per l’Europa evoluta e civile.

I giornalisti, naturalmente, non hanno fatto eccezione.

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