Vito Taccone il camoscio d’Abruzzo, è questo il titolo della biografia dell’indimenticato ciclista abruzzese.

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Vittorie, cadute, spallate e cazzotti del Camoscio d’Abruzzo. Si presenta così il libro scritto da Federico Falcone e pubblicato da Radici Edizioni.
L’opera, che inaugura la collana Vite della casa editrice marsicana
guidata da Gianluca Salustri, si articola in una corsa a tappe sulla vita e sulla carriera del ciclista avezzanese
a quindici anni dalla sua morte, avvenuta mentre era implicato in una intricata storia giudiziaria.
Un libro che racconta il Taccone corridore, ma anche l’uomo e il padre di famiglia, attraverso testimonianze inedite, retroscena
e un’appassionata lettera finale del figlio Cristiano.

Vito Taccone il camoscio d’Abruzzo
Falcone ricostruisce nel libro le tappe fondamentali della carriera da ciclista di Taccone – con cinque vittorie di tappa al Giro d’Italia del 1963.
Ma anche il contesto storico in cui il piccolo Vito salì per la prima volta in bicicletta per andare a consegnare il pane
ai tempi in cui faceva da garzone nel panificio della sua amata piazza Cavour ad Avezzano.
Un capitolo dopo l’altro, vengono così inanellati
gli snodi fondamentali della carriera e della vita di un personaggio capace di folgorare persino Sergio Zavoli,
il quale lo volle sempre al suo fianco durante l’innovativa trasmissione televisiva Il processo alla tappa.
Ventotto capitoli che, come le tappe di una grande corsa,
si susseguono per designare una classifica generale finale fatta di episodi controversi e grandi vittorie in salita,
di scazzottate ai compagni di gruppo e di nuovi sogni e nuove imprese dopo la fine della carriera agonistica.
Scrive Falcone:
Vito Taccone è stato genio e sregolatezza, ha dato tutto per il suo sport ma non si è fermato una volta sceso dalla bicicletta,
e sebbene nella sua vita ne abbia combinate un po’ anche al di sopra delle righe, certamente ha lasciato di sé un ricordo indelebile.
E aggiunge
L’entusiasmo che ho trovato attorno a questo progetto è stato sensazionale fin dal primo istante.
Ho parlato con decine di persone e ognuna ha voluto raccontarmi un aneddoto, una storia,
una testimonianza legata a quello che è stato anche e soprattutto un simbolo di riscatto e di speranza per il futuro di un’intera regione.