Erano in 25 mila ieri sera all’Adriatico per rompere “Il muro del suono” allo show rock di Mondovisione, 25 mila persone in delirio per il magico Liga.

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Consueto appuntamento (come nel 1996, 2000, 2002, 2006 e 2010) con i tour del rocker di Correggio, Pescara è una tappa fissa anche con i record di partecipazione, ogni volta superati. Sul palco con Luciano Ligabue il Gruppo, la sua band formata da Federico “Fede” Poggipollini (chitarra), Niccolò Bossini (chitarra), Luciano Luisi (tastiere e programmazioni), Michael Urbano (batteria) e Davide Pezzin (basso). Poi oltre due ore di grande musica tra successi di sempre, da “Siamo chi siamo” al “Muro del suono”, appunto, da “Urlando contro il cielo” a “Il sale della Terra”, dal “Meglio deve ancora venire” all’immancabile “Tra palco e realtà”. Liga acclamato, amato, adorato dai suoi fan (in fila davanti allo stadio già dalle 11,30 di ieri mattina) li ripaga ampiamente con la sua poesia e con la sua musica, con la scossa che le sue canzoni riescono a infondere nei migliaia di appassionati della sua musica, dei suoi libri, dei suoi film.

Ieri mattina, davanti a un caffè in un hotel delle colline pescaresi, Ligabue, t-shirt grigia, jeans e Ray ban scuri, affiancato dallo storico manager Claudio Maioli, dal personal manager Luca Guerra e dal figlio Lenny, ha rilasciato l’intervista che segue, pubblicata sul quotidiano La Città.

qui trovi le altre mie interviste: registratore-nagra

Siamo tutti in Mondovisione, ma chi siamo?

“Siamo troppo complicati e troppo complessi per essere raccontati con pochi aggettivi. Non c’è una risposta. Ognuno è fatto a modo suo, ognuno ha il proprio modo di vedere il mondo e Mondovisione dice anche quello, visione del mondo, e ognuno ha la sua”.

E la sua qual è?

“La mia ho provato a raccontarla in parte in un album che si chiama così, sono 12 canzoni che raccontano i modi diversi di vedere il mondo”.

In “Siamo chi siamo” c’è il maggior numero di citazioni che ha mai fatto in un suo testo: Dante (nel mezzo del cammin di nostra vita), De Gregori (non c’è niente da capire), Carducci (la nebbia agli irti colli), le è partita la vena poetica o è una scelta precisa?

“E’ una scelta giocosa, nel senso che è una canzone per dire che tante volte siamo anche quello che ci ha formato, siamo anche, ovviamente, le poesie che abbiamo dovuto mandare a memoria per forza. Però, era soprattutto un gioco”.

Lei è un rocker e una star ma non è una rockstar con tutti gli eccessi che questo ruolo quasi esige, mantiene questo equilibrio perché lei è arrivato al successo quando era già adulto?

“Mah, intanto io non so se mantengo nessun equilibrio (ride). Credo semplicemente che ognuno è fatto a modo suo e ognuno ha un proprio modo di vivere anche le cose che gli porta il proprio mestiere, qualunque esso sia. Io sono così, godo dell’affetto enorme che sento da parte di chi mi segue e ritengo quello il privilegio più grande che io possa avere. Poi, per il resto, è chiaro che anch’io godo di diversi privilegi”.

Lei ha due figli. Che Italia, che Europa, che mondo sogna per loro?

“Beh, uno è proprio lì (e indica Lenny,15 anni). No, io per loro sogno semplicemente lo stesso mondo che volevo sognare io e che adesso fatico di più a immaginare, comunque non smetto di sognare. E’ semplicemente un mondo più equo, dove c’è una chance per gli ultimi, sempre e comunque. Un mondo dove la forbice tra chi ha tutto e chi non ha niente è molto più chiusa e quindi con un senso della giustizia anche, in modo diverso. La politica a noi ha promesso di poter mettere in piedi questo progetto, negli anni Settanta, quando ci formavamo. Tanti anni dopo abbiamo visto che è successo l’esatto opposto, però io fatico a smettere di crederci, ed è il tipo di mondo che mi piacerebbe i miei figli vedessero”.

Restiamo in famiglia, suo fratello Marco stranamente non è con lei oggi a Pescara perché impegnato con il suo tour in un altro concerto. L’abbiamo ascoltato qui a gennaio, è molto bravo il fratellino. Comincia a farle concorrenza?

“Ah io glielo auguro, assolutamente, gli auguro di avere tutto il successo possibile”.

“Il rumore dei baci a vuoto” (raccolta di racconti pubblicata da Einaudi) è stato il suo ennesimo successo letterario (il quarto per la precisione). Ora, per riequilibrare i campi artistici che frequenta, dovrebbe fare un nuovo film. Ci sta pensando?

“No, non ci sto pensando, non credo che sarà possibile, per ora”.

Liga a Villa Santa Maria 19 luglio 2014

Il suo rapporto con l’Abruzzo è legato a Pescara con i suoi concerti oceanici e con il premio Flaiano per il suo esordio al cinema (premio 1999 per “Radiofreccia”), ma anche con Teramo che, grazie al compianto Luciano Russi, le ha dato una meritatissima laurea honoris causa in Scienze della comunicazione.

“Come ho spesso detto, in Abruzzo sto bene. Ha cominciato fin quasi all’inizio della carriera, uno dei figli di Pescara, Mimmo Locasciulli, che è stato il primo a credere in me. Poi è andato avanti con tutte le volte che siamo venuti qua, con i concerti allo stadio Adriatico. La laurea honoris causa dell’università di Teramo è stata per me un momento molto importante, per cui mandiamo subito un saluto affettuoso in cielo a Luciano. Pure il premio Flaiano fu per me un premio significativo proprio per il nome del premio. E, inoltre, è anche la regione in cui sono venuto a fare le ferie (a Roseto, ndr), tanti anni fa”.

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