Si intitola «500 chicche di riso» (ma in realtà sono molte di più), il libro che Alessandro Pagani ha dato poco pubblicato per 96 Rue de la Fontaine editore (116 pagine, 10 euro).

La copertina del libro

E’ un librino di grande simpatia, ideale per questi giorni di vacanza. Sono battute, calembour, geniali giochi di parole con frasi interpretabili diversamente a seconda di come vengono lette.

«In Chicche di riso il Pagani», scrive Cristiano Militello nella prefazione, «si mette nel solco dei Bartezzaghi e dei Campanile, passando per Woody Allen (la numero 499 avrebbe potuto scriverla tranquillamente lui). Il nostro ci regala o, meglio, ci fa pagare il giusto, una valanga di freddure con predilezione per il calembour».

Alessandro Pagani

Ecco, allora qualche esempio, preso a caso iniziando proprio dalla 499 citata da Militello:

499.
«Io e mia moglie abbiamo raggiunto un’intesa sessuale perfetta:
ieri sera avevamo mal di testa, e i nostri amanti pure.»

150.
«Che bel canino… chihuahua?»
«Ma no che non vi uaua!»

265.
«Vorrei dei sigari.»
«Toscani?»
«No, veniamo dall’Umbria.»

102.
Il motore preferito dal bibliotecario?
L’ibrido.

Le 500 chicche di riso sono molto intelligenti, profonde, a volte difficili da cogliere anche alla seconda o terza lettura, ma sono un invito a guardare la realtà da punti di vista alternativi. Una interpretazione della lingua, e del mondo che essa ci aiuta a descrivere, fuori dal comune che invita a riflettere e, soprattutto, a riderci un po’ su.

In tempi grami, come quelli che stiamo affrontando, in modo particolare noi italiani, Pagani offre al lettore un paio d’ore di allegria, di sorrisi, di sorprese, di poesia, a volte. E proprio facendo riferimento alla poesia il pensiero va all’indimenticabile interpretazione di Robin Williams nel film “L’attimo fuggente” di Peter Weir, uscito giusto 30 anni fa. A un certo punto il professor Keating (Williams), durante una lezione, spiega il sentimento poetico e, all’improvviso, sale in piedi sulla cattedra. «Perché sono salito sulla cattedra?», chiede agli alunni sorpresi dal suo gesto, «Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo guardare le cose da angolazioni diverse».

Ecco, Pagani è un po’ il professor Keating di oggi, dice ai suoi lettori: «Salite anche voi sulla cattedra e guardate il mondo in modo diverso».

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